ITA
Stampa Giclée montata su alluminio dibond, cornice in alluminio grigio fumo, 70x85cm ca.
SULLA DISSOLUZIONE E IL RIPRISTINO DEL MITO TRA GEOGRAFIA ED IMMAGINARIO: INDACOTERRA.
La mitologia non è nata da una semplice volontà, e presto i popoli hanno smesso di comprendere i propri miti. È proprio a questo punto che ha inizio una letteratura. La letteratura è il tentativo di interpretare molto ingegnosamente i miti che non comprendiamo più, nel momento in cui cessiamo di comprenderli perché non sappiamo più sognarli o riprodurli. La letteratura è il concorso dei controsensi che la coscienza opera naturalmente e necessariamente sui temi dell’inconscio; come ogni concorso essa ha il suo prezzo. Bisognerebbe mostrare come in questo senso la mitologia fallisce e muore […]*
Ne L’isola deserta e altri scritti Deleuze ha asserito che la letteratura non ha la forza sufficiente per ripristinare il mito e le sue istanze. Resta un umano tentativo, nobile, ma fallimentare, di comprensione.
L’arte, sorella della letteratura, è un altro tentativo dell’uomo di esorcizzare l’oscurità del mondo. L’arte destruttura, sviscera, rielabora e origina nuove visioni altre sul mondo. L’arte non solo è in grado di ripristinare il mito, ma è creatrice di miti a sua volta.
Aiaía è il nome in greco con cui Omero chiama l’isola di Circe, temibile dea, figlia di Elio e di una ninfa dell’oceano, della quale Ulisse fa spiacevole incontro durante il suo errare disperato ma destinato.
Quell’isola mitologica viene oggi identificata all’unanimità dal mondo dei filologi con il Promontorio del Circeo, massiccio roccioso il cui profilo ricorda quello di una donna -Circe-, sdraiato sulla Pianura Pontina, e affacciato per metà sul Tirreno, su quel pezzo di mare calmo sui cui si adagiano le isole. Questi luoghi, io, li chiamo casa.
L’oceano e l’acqua, infatti, sono il principio di una segregazione, al punto che nelle isole sante si costituiscono comunità esclusivamente femminili, come quelle di Circe e di Calipso. Dopotutto, il cominciamento aveva inizio con Dio e con una coppia, ma il ricominciamento ha inizio con un uovo: la maternità mitologica è spesso una partenogenesi.*
Per il mio progetto artistico Indacoterra ho viaggiato nei luoghi di casa, in una solitudine tale da richiamare quella dell’esperienza romantica della -apparente- fuga dalla modernità. La serie di brevi allontanamenti temporanei dalla quotidianità per immergermi negli angoli di natura selvaggia ancora intatti del Promontorio del Circeo sono stati evocatori ed attivatori di intuizioni visive: le credenze mitologiche legate alla mia terra di origine, insieme al folklore da esse derivante, permeano il paesaggio di echi freudiani -Unheimliche-, tali da estraniarmi dai luoghi a me familiari e da indurmi nuove visioni di essi. Il riverbero del mito permea il paesaggio e lo rende carico di significati altri, oltre l’estetica, oltre la storia, verso l’inconoscibile momento dell’arcaico agambeniano. È in questo momento che il Mito svela il suo lato dionisiaco, in contrasto col valore apollineo originariamente attribuitogli.
Ad essere preso in considerazione nell’elaborazione visiva di Indacoterra è l’aspetto geografico e geologico del paesaggio. L’eco archetipica della pietra, più di quello dell’acqua, dell’aria e del fuoco che mutano per ricambio, porta in sé una fissità di tempo e spazio che, seppur non effettiva nella realtà, vive sicuramente nell’immaginario: essa è portatrice di rimandi mistici alla pietra angolare, quella filosofale e quella focaia. In quanto attivatore di mitologie, questo elemento risulta immagine, ritratto, della Natura come Madre, rappresentazione evocativa in cui l’arcaico agambeniano e insieme il ricominciamento deleuziano sembrano prendere forma.
La scelta dell’ora blu come momento di indagine è dovuta alla sua associazione filosofica al sentimento della melancolìa e le sue istanze: riflessione, introspezione, genialità, epifania. Il blu crepuscolare è inoltre l’artefice percettivo di una attribuzione soprannaturale ai luoghi naturali, tale da sottendere un’origine metafisica dei luoghi nei luoghi stessi, a creare un’aura mistica, quasi religiosa, intorno al paesaggio del Mito.
Indacoterra unisce così l’elemento autobiografico a quello geografico e a quello metaforico, dando vita ad un immaginario respingente e attrattivo allo stesso tempo. Il perturbante chiama a sé i ricordi ancestrali collettivi, quello della Terra come Madre, luogo di ripiegamento e della solitudine goduta nel ventre materno, ma anche quello leopardiano della Terra come Matrigna cattiva, ripreso da Lars Von Trier nel film Melancholia: «La Terra è cattiva», dice Justine.
Con Indacoterra il luogo viene svuotato delle sue connotazioni geografiche, storiche ed autobiografiche specifiche diventando contenitore di origini, di miti e di immaginari collettivi archetipici, e si fa spazio, contenitore universale di significati.
*G. Deleuze, L’isola deserta e altri scritti. Testi ed interviste 1953-1974, Giulio Einaudi editore, Torino 2007, pp. 6-8.
ENG
Giclée Print mounted on aluminium, smoked gray aluminium frame, 70x85cm ca.
ON THE DISSOLUTION AND RESTORATION OF THE MYTH BETWEEN GEOGRAPHY AND IMAGINARY: INDACOTERRA
In The Desert Island and other texts Gilles Deleuze asserted that literature does not have sufficient strength to restore the myth and its demands. It remains a human attempt of noble, but unsuccessful, understanding.
Art, sister of literature, is another attempt by man to exorcise the darkness of the world. The art of destructuring, dissecting and reworking gives rise to new visions of the world. Art is not only able to restore the myth, but is also able to create myths.
Aiaía is the greek name with which Homer calls the island of Circe, fearsome goddess, daughter of Helium and a nymph of the ocean, which Ulysses makes unpleasant encounter of during his desperate but fated wandering.
That mythological island is today unanimously identified by the world of philologists with the Promontory of Circeo, a rocky massif whose profile resembles that of a woman -Circe-, lying on the Pontine Plain, and overlooking the Tyrrhenian Sea, on that calm piece of sea on which the islands lie. I call these places home.
For my artistic project Indacoterra I wandered throughout these place, in a solitude that recalls that of the romantic experience of the -apparent- escape from modernity.
The series of short temporary departures from everyday life to immerse myself in the still intact corners of the wilderness of the Circeo Promontory have been evokers and activators of visual intuitions: the mythological beliefs linked to my homeland, together with the folklore deriving from them, permeate the landscape of Freudian echoes -Unheimliche-, that alienate me from familiar places and induce me to new visions of them. The reverberation of the myth permeates the landscape and makes it full of other meanings, beyond aesthetics, beyond history, towards the unknowable moment of the archaic.*
The choice of the blue hour as a moment of investigation is due to its philosophical association with the feeling of melancholia and its instances: reflection, introspection, genius, epiphany. Twilight blue is also the perceptive creator of a supernatural attribution to natural places, such as to imply a metaphysical origin of the places in the places themselves, to create a mystical aura, almost religious, around the landscape of Myth.
Indacoterra unites the autobiographical element with the geographical and the metaphorical, giving life to a repulsive yet attractive imaginary. The unsettling calls to itself the collective ancestral memories, that of the Earth as Mother, place of retreat and solitude enjoyed in the mother’s womb, but also Giacomo Leopardi’s Earth as evil Stepmother. In the movie Melancholia, by Lars Von trier, Justine says: «The Earth is Evil».
In Indacoterra the place is emptied of its geographical, historical and autobiographical connotations specific becoming a container of origins, myths and archetypal collective imaginary, and it becomes space, universal container of meanings.
*G. Agamben, Che cos'è il contemporaneo, Edizioni Nottetempo, Roma 2007.